Fisco e Tasse
2023-08-16
Lavoro autonomo in Thailandia: attenzione a Convenzione doppie imposizioni
Con Interpello n 384 del 13 luglio le entrate forniscono chiarimenti sul trattamento fiscale dei redditi derivanti da un'attività di libera professione svolta in Thailandia (ai sensi dell'articolo 14 della Convenzione tra Italia e Thailandia per evitare le doppie imposizioni, ratificata con legge 2 aprile 1980 n. 202).
In particolare, il soggetto AIRE con PIVA italiana non sarà tassato secondo le regole della Convenzione in oggetto e l'attribuzione del numero di partita IVA italiana a un soggetto non residente, infatti, non incide sulla sua residenza ai fini fiscali nel territorio dello Stato.
Nel dettaglio l'istante è iscritto all'Anagrafe Italiani Residenti all'Estero (AIRE) ed è prossimo ad un trasferimento in Thailandia dove lavorerà come libero professionista con clienti non italiani.
L'Istante precisa che aprirà una partita IVA nel nostro Paese, ma che l'Italia non rappresenterà in alcun modo il centro dei propri interessi, non avendovi:
- alcuna sede,
- né committenti,
- né domicilio,
- né parenti a carico,
- ma solo familiari presso i quali trascorrerà un tempo non superiore ai due mesi l'anno.
L'Istante ritiene che non dovrà dichiarare i propri redditi in Italia, in cui aprirà una partita IVA, rimanendo iscritto all'AIRE e trascorrendo la maggior parte del periodo di imposta in Thailandia, Paese con cui l'Italia ha stipulato una Convenzione bilaterale per evitare la doppia imposizione sui redditi .
Iscritti AIRE: chi è considerato fiscalmente residente
Le Entrate sottolineano che l'articolo 2, comma 2, del Testo Unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. del 22 dicembre 1986, n. 917 considera fiscalmente residenti in Italia le persone che, per la maggior parte del periodo d'imposta ossia per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Le tre suddette condizioni sono tra loro alternative, per cui la sussistenza anche di una sola di esse, per la maggior parte del periodo d'imposta, è sufficiente a far ritenere che una persona fisica sia considerata fiscalmente residente in Italia e, viceversa, solo quando tali condizioni sono contestualmente assenti nel periodo d'imposta di riferimento, la persona può essere ritenuta non residente nel nostro Paese.
Dalle scarne informazioni che si possono evincere dall'istanza l'istante dichiara di voler aprire una partita IVA in Italia, ma precisa anche che continuerà a rimanere iscritto all'AIRE e che trascorrerà la maggior parte del periodo d'imposta in Thailandia, senza mantenere nel nostro Paese alcuna sede o domicilio.
Dalle informazioni riferite dall'Istante questi non dovrebbe integrare alcuno dei requisiti elencati nel citato articolo 2 del TUIR per radicare la residenza fiscale in Italia.
L'attribuzione del numero di partita IVA italiana a un soggetto non residente, infatti, non incide sulla sua residenza ai fini fiscali nel territorio dello Stato.
In base alla normativa interna, quindi, l'Istante, in qualità di non residente, sarà assoggettato a imposizione sui redditi prodotti nel territorio dello Stati ai sensi dell'articolo 23 del TUIR.
In particolare, per quanto concerne i redditi derivanti dalla libera professione (unica tipologia reddituale espressamente menzionata in istanza), il citato articolo 23, comma 1, lett. d), del TUIR stabilisce che gli stessi si considerano prodotti in Italia se ''derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato''.
Lavoro autonomo Thailandia: Attenzione alla Convezione contro le doppie imposizioni
Occorre, tuttavia, considerare le disposizioni internazionali contenute in accordi conclusi dall'Italia con gli Stati esteri.
Il principio della prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è, difatti, pacificamente riconosciuto nell'ordinamento italiano e, in ambito tributario, è sancito dall'articolo 169 del TUIR e dall'articolo 75 del D.P.R. 29 settembre 1973. n. 600, oltre ad essere stato affermato dalla giurisprudenza costituzionale.
Nel caso di specie, come osservato dall'Istante, viene in rilievo la Convenzione contro le doppie imposizioni tra l'Italia e la Thailandia, firmata il 22 dicembre 1977 e ratificata con legge 2 aprile 1980, n. 202 (in breve, ''Convenzione'' o ''Trattato'').
In particolare, l'articolo 14 del Trattato, rubricato ''Professioni indipendenti'', prevede, al paragrafo 1, la tassazione esclusiva dei redditi derivanti da una libera professione nello Statodi residenza del beneficiario degli stessi.
Tuttavia, il paragrafo 2 del medesimo articolo, in deroga al precedente, ammette una tassazione concorrente, stabilendo che ''le remunerazioni che un residente di uno Stato contraente percepisce per l'esercizio di una libera professione nell'altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato se:
- a) il beneficiario soggiorna in detto altro Stato per un periodo o periodi che oltrepassano in totale quaranta giorni nel corso dell'anno fiscale considerato,
- o b) le remunerazioni sono pagate da o per conto di un'impresa che è residente di detto altro Stato,
- o c) l'onere delle remunerazioni è sostenuto da una stabile organizzazione che la persona che paga le remunerazioni stesse ha in detto altro Stato''.
Per quanto concerne la condizione di cui alla lett. a), paragrafo 2, dell'articolo 14 della Convenzione, la stessa potrebbe essere integrata nella fattispecie in esame nella misura in cui l'Istante dichiara che trascorrerà in Italia ''non più di 2 mesi'', potendo tale periodo essere superiore ai 40 giorni richiesti dalla previsione convenzionale per riconoscere la potestà impositiva concorrente dello Stato della fonte e potendo, in tale periodo, ivi esercitare una attività professionale.
In merito alle condizioni di cui alle successive lettere b) e c), l'Istante si limita a dichiarare che non lavorerà per committenti italiani ma non specifica se l'onere delle remunerazioni sarà sostenuto da una impresa italiana o da una stabile organizzazione in Italia del soggetto non residente.
Alla luce delle suesposte considerazioni, si ritiene che, relativamente ai redditi riferiti alla libera professione, gli stessi potrebbero essere assoggettati a imposizione in Italia ove si verificasse, alternativamente, una delle condizioni di cui all'articolo 14, paragrafo 2, del Trattato.
La verifica di tali circostanze, peraltro future ed eventuali, esula dal perimetro dell'istituto dell'interpello, presupponendo, al pari del riscontro della residenza, un'indagine di tipo fattuale estranea alla funzione tipicamente consulenziale dell'istituto.
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