Fisco e Tasse
2023-08-02
Tassazione dei dividendi: società figlie UE e madri elevetiche
Con Risoluzione n 46 del 31 luglio 2023 le Entrate chiariscono aspetti della tassazione dei dividendi di società figlie europee a società madre elvetica.
Nel dettaglio viene chiarito che, al fine di evitare che la prassi italiana possa essere interpretata quale violazione dello spirito e della lettera dell’articolo 9 dell’Accordo Svizzera UE e di assicurare un’applicazione della norma conforme al diritto unionale, i chiarimenti resi dalla Risoluzione n. 93/E del 2007 sono da ritenersi superati nella misura in cui comportino che la parziale esenzione da imposta sui redditi a livello della società madre elvetica osti al riconoscimento dei benefici dell’articolo 9 dell’Accordo UE/Svizzera del 2004 con conseguente applicazione di ritenuta alla fonte sui dividendi corrisposti da società partecipate residenti nel territorio dello Stato.
Accordo UE/Svizzera 2004: cosa riguarda
L'Accordo sui redditi da risparmio tra la Comunità Europea e la Confederazione Svizzera stipulato il 26 ottobre 2004 (pubblicato in G.U. serie L 385 il 29 dicembre 2004), così come risultante dal Protocollo di modifica del 2015 (pubblicato in G.U. serie L 333 il 19 dicembre 2015), attua l’estensione del regime di tassazione dei dividendi previsto dalla Direttiva n. 435/90/CEE – attualmente direttiva 2011/96/UE – Direttiva madre-figlia anche ai flussi di dividendi corrisposti da società figlie stabilite negli Stati membri dell’Unione Europea a società madri residenti nella Confederazione elvetica.
In particolare, l’articolo 9, al paragrafo 1, prevede che, fatta salva l’applicazione delle disposizioni anti-abuso, “i dividendi corrisposti dalle società figlie alle società madri non sono soggetti a imposizione fiscale nello Stato d’origine allorché:
- (…) - entrambe le società sono assoggettate all’imposta diretta sugli utili delle società senza beneficiare di esenzioni ed entrambe adottano la forma di una società di capitali.”
L’esenzione introdotta dall’Accordo Svizzera-UE – alla stregua di quanto previsto dalla Direttiva madre-figlia – è subordinata alla condizione che entrambe le società siano assoggettate all’imposta sul reddito delle società nel loro Stato di residenza, “senza beneficiare di esenzioni”.
L’Agenzia si è più volte espressa sulla portata del requisito di “assoggettamento a imposizione senza esenzione” in relazione al sistema di tassazione elvetico.
In particolare, nella Risoluzione del 10 maggio 2007 n. 93, l’Agenzia ha ritenuto che “l’ambito soggettivo del citato articolo 15 (ora articolo 9, ndr) non può essere esteso alle società che, anche se non totalmente esenti da imposizione, siano beneficiarie di esenzioni ad almeno uno dei tre livelli (municipale, cantonale e federale) di tassazione diretta sul reddito”, con ciò negando, in sostanza, i benefici dell’Accordo Svizzera-UE nel caso di esenzione anche parziale da imposizione nello Stato di residenza del percettore.
A supporto di tale conclusione, si richiamava la Decisione del 13 febbraio 2007 della Commissione europea, che affermava come alcuni regimi di tassazione delle società elvetiche costituissero aiuti di Stato in contrasto con il buon funzionamento dell’Accordo di libero scambio siglato tra la Comunità economica europea e la Confederazione svizzera il 22 luglio 1972 (“Accordo di libero scambio”), il cui articolo 23 ritiene “incompatibile con il buon funzionamento dell’Accordo, nella misura in cui sia suscettibile di pregiudicare gli scambi tra la Comunità e la Svizzera, “ogni aiuto pubblico che falsi o minacci di falsare la concorrenza, favorendo talune imprese o talune produzioni”.
In seguito, tuttavia, sul tema è intervenuta la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea nella causa C-448/2015, Wereldhave Belgium.
In tale circostanza, la Corte di Giustizia UE ha ritenuto di negare i benefici della Direttiva madre-figlia nel solo caso di esenzione totale degli utili, considerando che “una società che (…) è assoggettata all’imposta sulle società, ad aliquota zero a condizione che tutti i suoi utili siano distribuiti ai propri azionisti, non soddisfa la condizione prevista all’articolo 2, lettera c), della direttiva 90/435 e non rientra quindi nella nozione di «società di uno Stato membro» ai sensi di tale direttiva”.
Tenuto conto che, la ratio dell’Accordo Svizzera-UE è ravvisabile nella volontà di estendere i benefici della Direttiva madre-figlia anche alle società svizzere che detengono partecipazioni in controllate stabilite negli Stati membri dell’Unione europea, è necessario valutare l’impatto che gli orientamenti interpretativi maturati al livello unionale hanno sull’esenzione prevista dalla citata Direttiva.
Infatti, poiché con l’interpretazione resa nella citata causa Wereldhave Belgium, confermata in altre successive pronunce, la Corte di Giustizia ha ritenuto che escludere l’esenzione da ritenuta nel caso di tassazione solo parziale finirebbe col violare il dettato e l’obiettivo di neutralità fiscale perseguito dal diritto europeo, è da ritenersi che la giurisprudenza richiamata sia pertinente ai fini che qui interessano.
Del resto, tale interpretazione del giudice unionale appare coerente con l’interpretazione data dalla stessa Agenzia in merito all’applicazione dell’esenzione prevista dall’articolo 9 dell’Accordo Svizzera-UE in caso di participation exemption (che realizza, in sostanza, una parziale esenzione da imposta): si è ritenuto infatti che tale istituto non costituisca un regime di favore e pertanto non osti al riconoscimento dell’esenzione da ritenuta alla fonte (si veda al riguardo la Risposta n. 57/E del 2019, che richiama la Risoluzione n. 288/E del 2007).
Ciò premesso, i chiarimenti resi dalla Risoluzione n. 93/E del 2007 sono da ritenersi superati.
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